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Pizza. Cosa imparo dal ministro Nunzia De Girolamo, esclusa la Septemberfest

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assaggio pizza Nunzia De Girolamo

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Nunzia De Girolamo

Il Ministro Nunzia De Girolamo ha fatto visita al Caputo Napoli Pizza Village dove è stata realizzata la più grande pizzeria all’aperto mettendo insieme 45 forni, altrettante pizzerie e un numero impressionante di pizzaioli e operatori che sforneranno fino all’8 settembre. La visita è partita da piazza Vittoria angolo Via Partenope alla nuova pizzeria di Gino Sorbillo Lievito Madre sul Lungomare che sta cercando di frantumare diversi record.

nuovo-forno-pizza-lievito-madre-napoli

Dopo aver riportato in auge il criscito, messo nel mirino l’obiettivo delle 1.000 pizze sfornate ogni giorno mentre allo stand n. 4  questa sera saranno disponibili 1.200 pizze (!), c’è anche il record del più veloce cambio di forno che la storia ricordi: via il forno dell’inaugurazione il 7 giugno, realizzato un provvisorio nella saletta interna, costruito uno nuovo nella posizione originale per rimuovere il provvisorio. Totale 3 forni in 3 mesi: in una pizzeria devono trascorrere più di 50 anni per una sostituzione del genere.

gruppo-lungomare-con-ministro-de-girolamo

Nella pizzeria più mediatica del momento, il ministro De Girolamo è stata accolta da una rappresentanza dei pizzaioli e dei ristoratori del lungomare napoletano. E noi abbiamo appreso ed elaborato (liberamente) il suo pensiero che non ha mancato di far notare come la mobilità di Napoli sia un disastro: un’ora e mezzo di ritardo all’appuntamento con la stampa per colpa del piano anti traffico di De Magistris.

pizza margherita

1. Il ministro De Girolamo sceglie sempre la pizza Margherita come il 70% dei napoletani intervistati durante la scorsa edizione del Pizza Village.

Nunzia De Girolamo basilico

2. Il ministro De Girolamo preferisce mettere il basilico nella sua prima prova pizza. Per non sbagliare. Giustamente cauta, ma centra il movimento del giro d’olio sulla pizza con prodotti dell’Irpinia che ha preparato. Sospiro di sollievo di tutti i pizzaioli astanti.

assaggio pizza Nunzia De Girolamo

3. “Una cosa non si può scippare ai napoletani: la pizza buona”. È il manifesto programmatico che ci sentiamo di condividere.

parmigiana-di-melanzane-zi-teresa ministro de girolamo assaggia parmigiana

4. “Un’altra cosa non si può scippare ai napoletani: la parmigiana di melanzane come la fa la Zi’ Teresa che è buona come tutte le parmigiane di Napoli e dintorni”. Quasi ecumenica.

Nunzia De Girolamo Pasquale Makishima Sorbillo

5. “La pizza deve diventare ambasciatrice italiana nel mondo”. Il pizzaiolo giapponese Pasquale Makishima, ambasciatore nel Sol Levante dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani,  è rimasto stregato dal Ministro e si è dichiarato totalmente d’accordo.

De Girolamo Sorbillo Makishima

6. Il Ministro De Girolamo ha preso posizione sul problema STG: “Conosco la questione e anche quella legata all’Unesco, sono qui proprio per ascoltare criticità e proposte proprio da chi ci lavora con questo fantastico prodotto alimentare e le farò mie per lavorare nella direzione giusta che ci consenta di superare tutte le difficoltà del caso”. Ma la pizza STG non si era salvata a settembre 2012 (abbiamo sentito qualcuno che intonava la canzoncina “Vengo dopo l’STG”, chiaramente riferito a DOP).

Carmine e Antimo Caputo

7. “Non dimentichiamo che parliamo di un prodotto realizzato da materie prime che costituiscono le eccellenze della nostra terra come:  grano (farina), pomodoro, olio e latte (mozzarella)”. Carmine e Antimo Caputo dell’omonimo mulino ringraziano, i produttori di pomodoro ringraziano, i produttori di olio ringraziano. Per quote latte, polvere e congelamento rimandiamo.

sorbillo de girolamo marletta

8. Prima i piedi si tenevano per terra. Ora bisogna guardare sotto i piedi. “Inutile girarci in torno abbiamo in Italia il vizio di non valorizzare quello che abbiamo sotto i nostri piedi: la terra che rappresenta la nostra ricchezza e la base dalla nostra gastronomia. Valorizzare ed esaltare i nostri prodotti, è la strategia migliore per combattere la crisi economica e valorizzando sia il turismo sia l’ occupazione nel lavoro”. Dai denigratori avanzano sospetti che resteremo un Paese terra-terra.

pizzaiolo come pulcinella

10. “Napoli può diventare la sede della manifestazione più importante dedicata alla pizza: come in Germania esiste l’Oktober Fest per la birra, Napoli può divenire la vetrina internazionale del prodotto”. Va bene, ma scongiuriamo il Ministro De Girolamo di abiurare subito il nome riecheggiato sotto gli ombrelloni del lungomare: Septemberfest. A Monaco di Baviera mica l’hanno chiamata Festa della birra in italiano e poi è appannaggio della manifestazione di Marina di Carrara. Pulcinella può andare in tour con una nuova forza.

de girolamo entusiasta

I numeri magici della pizza arrivano dalla FIPE: 62 miliardi di euro di fatturato nel mondo, 100 mila operatori di pizzeria, 62 mila pizzerie in Italia, il 78% del mercato lo fa Italia, Germania, Francia e Spagna assorbono il 78 per cento del mercato, In Italia si mangiano 56 milioni di pizze a settimana, 3 miliardi all’anno con una media di spesa per la pizza classica di circa 6 €.

Avranno voglia tutti, nord, centro e isole comprese, di condividere l’entusiasmo per la pizza napoletana?


Mappe e foto. Quel piccolo e fastidioso problema dei camion bar a Roma

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Roma camion bar

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Roma camion bar

Dopo Firenze è il turno di Roma. Almeno ci sperano abitanti e turisti che non possono godere della vista dei monumenti più celebri senza che spunti una tenda, una cabina, un’insegna luminosa dei camion bar. Che hanno il pessimo vizio di mettersi in posa e impallare anche le foto. In tempi di condivisione di immagini la peggiore iattura che si possa augurare come ricordo a turisti e città.

D’altronde, i camion bar prediligono i luoghi di maggiore affollamento e con minore offerta di negozi. Proprio come le aree archeologiche e monumentali. Sono a proprio agio davanti al Colosseo e all’Arco di Costantino o alla Bocca della Verità, ma non disdegnano Piazza Venezia che ne conta almeno 4 di cui uno sul cannocchiale di via dei Fori Imperiali. Nemmeno l’annunciata pedonalizzazione ha risolto il problema: dal Museo del Risorgimento, a lato dell’Altare della Patria alla fermata Colosseo della metro B se ne contano almeno altri 5 di camion bar.

mappa camion bar Roma mappa camion bar Vaticano

A stendere due mappe del “No camion” ci ha pensato il Corriere della Sera che ha avvistato il re della lista degli orrori a 4 ruote, l’ingombrante camion bar che staziona, in sosta vietata, sullo sfondo dell’Ara Pacis e della teca di Richard Meier.

Guido Fabiani, assessore regionale alle Attività Produttive, ha appena dichiarato la volontà di varare un testo unico sul commercio per dare ai Comuni più potere in tema di camion bar. L’obiettivo non è, contrariamente a quanto dichiarato da alcuni proprietari dei bar ambulanti, negare loro la possibilità di lavorare. Ma di mantenere il decoro e restituire dignità ai monumenti e alle aree turistiche.

camion bar fori imperiali camion bar centro storico

Un testo unico che dovrebbe arrivare prima di Natale. Dovrebbe liberare piazze e strade suggestive, limitare l’apertura di nuovi centri commerciali, rilanciare il commercio di vicinato e tutelare le botteghe dei locali storici.

Il food e le foto dei turisti sentitamente ringraziano.

[Link: Corriere. Immagini: ilmessaggero, Cecilia Fabiano, Benvegnù - Guaitoli - lannutti]

La vera mozzarella di bufala è Doc. Non Dop, caro il mio consorzio di tutela

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La pubblicità che ti inganna. Mozzarella di bufala Doc. ‘a Muzzarella D.O.C va oltre, recitano i cartelli che campeggiano lungo le strade tra Eboli e Altavilla Silentina, sede dello stabilimento de La Contadina, uno dei marchi più conosciuti anche oltre i confini della Campania con più di 50 punti vendita distribuiti in tutta Italia.

porte-aperte-alla-mozzarella mozzarella-doc

L’idea si fonda, al pari delle Porte Aperte la domenica, su iniziative e messaggi che sono diventati patrimonio dei refrain pubblicitari nazionali. Doc come super star, insomma, che declinato nella forma napoletana significa “migliore di questa non c’è”. Alla faccia di tutte le classifiche dop o non dop.

Il messaggio va oltre, è il caso di dirlo, le intenzioni del Consorzio di Tutela che ha come bandiera il suo “O è così, o non è”. Peccato per quei turisti che non masticano un po’ di napoletano. Per loro sarà difficile comprendere l’iperbole e alla fine nascerà il dubbio se la vera mozzarella di bufala è Dop o Doc. Anche perché il caseificio fa parte del Consorzio di Tutela dal 1993, come attesta il logo della bufala nel sole.

A meno di non ritenere che nella babele di indicazioni il marchio Dop non abbia più la forza di un tempo se anche un associato genera questa confusione.

Pescaperativo mette insieme pescato del giorno e vino a Sestri Levante

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alici fritte

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peschereccio

Sicuramente avete sentito parlare di pescaturismo quell’attività abbastanza faticosa di andare sui pescherecci a seguire le battute e mangiare il pescato. Io vi racconto la declinazione più godereccia: Pescaperitivo. Un paio di anni fa i tre fratelli Nicola, Tommaso e Marta, hanno voluto dare una svolta al lavoro della pesca che da qualche generazione apparteneva alla loro famiglia. E hanno iniziato con il pescaturismo portando sulla loro Santa Maria di Nazareth gli appassionati di pesca per seguire la giornata lavorativa del peschereccio, scoprire i segreti , conoscere il mondo ittico e perché no farsi un bel bagnetto in calette isolate.

A coronare il tutto colazione e pranzo a bordo. Il progetto si chiama Pelagica ed è  riconosciuto come ittiturismo dalla regione Liguria.

I ragazzi ci han preso gusto e  hanno registrato il marchio del Pescaperitivo per far consumare sulla barca ormeggiata in banchina, un ottimo aperitivo fatto di vino e pescato del giorno.

L’idea sembra banale ma vi posso assicurare che loro sono dei precursori e la loro barca è sold out nel periodo centrale dell’estate. Resteranno in azione sulla banchina di Sestri Levante fino ad ottobre e voi potrete gustare vino e pescato del giorno con lo sfondo di un tramonto. L’ideale per la prima uscita con la nuova fiamma.

alici fritte

A me hanno conquistato subito tant’è che ho fatto due giri di aperitivo con alici fritte e gamberi.

Pelagica. Porto di Sestri Levante. Tel. +39 3938820255

Il teorema della pizza per dividerla con gli amici senza passare per il centro

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pizza theorem spicchi

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pizza margherita

Larry Carter e Stan Wagon devono essere dei veri amanti della pizza. Dopo decenni di pizze divorate e altrettanti decenni di discussioni a tavola, gli scienziati del Mathematics Magazine sono riusciti a dimostrare come sia possibile mangiarne in misura eguale. Anche senza essere maghi di porzionamento e condivisione.

Senza troppi fronzoli e in modo semplice ed essenziale, ecco qui la questione, grandissimi divoratori di pizza: decidiamo di uscire a pranzo e di dividere una pizza con un amico, ma, dopo averla tagliata senza passare per il centro, non vogliamo rischiare di mangiarne meno di lui (non sia mai!). Come agiamo allora?

pizza.dvi

Il primo scienziato a occuparsene, nel lontano 1968 aveva sostenuto che:

  1. partendo da un punto qualsiasi della pizza,
  2. tagliando la suddetta prelibatezza in otto fette
  3. e avendo l’accortezza di garantire a ciascuna di essa un angolo di 45°

i due buongustai ne avrebbero mangiato esattamente la stessa quantità. La somma delle aree alternate, infatti, dovrebbe equivalersi.

 

pizza theorem

Io, che di fronte a un problema di matematica e geometria mi sento come una balena arenata sulla spiaggia (in grande difficoltà, quindi), ho subito preso per vera l’affermazione dello studioso. Ci mancherebbe!

Ma il Carter e il Wagon non erano soddisfatti della risposta trovata. Giusta, per carità, ma troppo semplice. Avranno dunque pensato “Perché non far sentire la gente ancora più stupida di quanto già non si senta?” e allora via, hanno partorito la nuova e intricata soluzione!

Come hanno dimostrato quindi che la somma delle aree bianche sia uguale a quella delle aree azzurre? Così:

Capito?

Io poco. Infatti, dopo aver letto di questo teorema, dovrei sentirmi più sollevata. In parte è così, lo ammetto. Ma in parte, nonostante schemini, formule e disegnini, continuo a non rendermi conto della sua utilità.

D’altronde, in Italia, quando si esce a mangiare la pizza, ognuno la mangia da sè! Grazie comunque Larry e Stan per il prezioso contributo.

[Link: ilpost]

 

 



Poteri forti: la gastrocrazia 2013

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Come personalizzare all’estremo un post quando si ha l’onore di inaugurare la nuova versione di Scatti di Gusto? Semplice: riaggiornando la vecchia gastrocrazia di Dissapore. Tutto è cambiato in meno di cinque anni e non si poteva tacere la nuova formazione del potere gastronomico. Vediamo allora chi è che conta davvero nel 2013.

Usiamo l’imperante metafora calcistica, prendiamo 11 protagonisti e costruiamo la squadra italiana del food usando il modulo, ovvero il 4-3-3.

Ecco la formazione.

PORTIERE: Gabriele Bonci

I DIFENSORI (dello status quo) Guida Michelin; 50 Best; Magnolia; Masterchef

I CENTROCAMPISTI (organizzatori della manovra) Massimo Bottura; Carlo Cracco; Oscar Farinetti

GLI ATTACCANTI (alla ribalta) Joe Bastianich; Chef Rubio; Tripadvisor

1. Gabriele Bonci – Portiere

Gabriele-Bonci-e-il-pane-antico-Culinaria-2012

Soprannome: Mano de pedra

Pro: A Roma è più facile incappare in una pizzeria a taglio che in una macchina in doppia fila (stavo per scrivere un parcheggio ma non funzionava): per distinguersi serviva talento, capacità di sporcarsi le mani in televisione e attenzione maniacale al prodotto. Pizzarium, più ancora di tutte le altre creature di Bonci, è la sintesi di tutto questo e lui è l’immagine nazionale della pizza in teglia. Per parafrasare una vecchia massima dedicata a Springsteen, il suo pubblico di riferimento si divide tra chi ama la sua pizza e chi non l’ha mai provata.

Contro: La sua stazza inibisce la facoltà critica e rievoca atmosfere da “sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma”. Della serie pure se non mi piacesse io non glielo direi in faccia…

Curiosità: Da qualche mese le domestiche del quartiere Prati di Roma si sono unite nell’associazione “Don’t try this at home”. Il loro nemico? Orde di panificatori della domenica intenti a seguire il diktat dell’idratazione estrema, si sono mostrati incapaci di ammettere il loro fallimento di fronte a dimore invase da dei blob disumani fuoriusciti dalla zona verdura del frigo.

2. Guida Michelin – laterale destro

Soprannome: The Wall

Pro: Alla fine tutti l’attendono. E nonostante si celebri ogni 4 picosecondi il funerale della guida classica cartacea, questa qui sposta ancora (anche se di soldi ne perde a iosa). Specie in un paese molto legato al valzer delle stelle. Il rinnovamento poi è iniziato: da quest’anno prende il timone il trentasettenne Sergio Lovrinovich, all’anagrafe solo un anno in più delle conduzioni del precedente Fausto Arrighi.

Contro: Sa di polvere e di libero staccato. Difficile spiegargli la difesa a zona, marca a uomo come il primo Giuseppe Bruscolotti ed è aperta al mondo come la Corea del Nord. Vediamo se il 2013 segnerà la rivoluzione. Dubitarne è legittimo.

Curiosità: Il futuro è nel web. Non è il solito mantra irritagonadi ma il titolo di un romanzo gastronomico pensato da Fausto Arrighi per dimostrarsi dentro il suo tempo. C’è grande attesa soprattutto per la post-fazione dedicata al reflusso esofageo degli addetti ai lavori.

3. Masterchef – fluidificante sinistro

Soprannome: Neo-nazismo (cit.)

Pro: Stai lì, lo guardi, commenti il liveblog di Sara Porro, insulti giudici e concorrenti, ti fai delle domande su te stesso, gli altri e l’Occidente. Ne capisci la portata ricattatoria e subliminale, la contesti. Ma lì rimani, perché è come il calcio. Pure se vince un avvocato piacevole come un’uretroscopia.

Contro: L’evoluzione della specie non contempla necessariamente l’esistenza di un dio. In Masterchef ce ne sono tre.

Curiosità: Quando i paletti del politicamente corretto e della noia progressista avranno finalmente un termine, nel 2019, Masterchef potrà aprirsi al primo esperimento di gulag gastronomico. Autori e produzioni si stanno infatti muovendo per ottenere i permessi per girare alle isole Solovki. La posta in gioco non è il maledetto sogno di una vita di qualche ominide noioso e piagnucolante, ma la sopravvivenza dei concorrenti. La prova definitiva sarà una cena di 42 portate con i soli prodotti della propria cella.

4. Best 50 – centrale

Soprannome: Colletto bianco

Pro: L’attenzione che genera ti fornisce generali strumenti per questionare superficialmente di cose che sostanzialmente non conosci e non conoscerai fino alla prossima rapina.

Contro: L’autoreferenzialità, le barricate, i nazionalismi, i dibattiti sulle formiche, il cibo molecolare, AA Gill.

Curiosità: Per stemperare il clima esibitamene aristocratico del consesso, durante la cerimonia di premiazione dell’ultima edizione si è stappato solo vino bianco sfuso ucraino, rigorosamente alla cieca, in bicchiere nero. Non sentendo effervescenza nel vino, i commensali hanno generalmente provato sgomento per la mancanza di Champagne ma 9 su 10 hanno giurato che si trattasse di una straordinaria annata di Romanée Conti.

5. Magnolia – centrale

hell's kitchen logo

Soprannome: Hollywood

Pro: Sanno dove gira il vento. E non a caso ora cavalcano il food show. Ogni 8 produzioni se ne trova una di livello.

Contro: Armatevi di sogno americano, pensate al programma del secolo, buttatelo giù su carta, magari pensate a qualche idea visiva, mostratevi scaltri e competenti e provate a proporglielo. Il papa è più avvicinabile. No, non quello che manda sms, quello prima con il male di vivere. Piagnisteo italico? Si vede che non avete mai provato.

Curiosità: È in progetto un nuovo talent dal titolo Cook Away in cui 750 aspiranti chef preparano manicaretti in condizioni apocalittiche, tipo tornado, terremoti, glaciazioni, traffico in tangenziale, bagno turco. Per celebrare il nome dell’azienda ci sarà anche una citazione cinematografica nell’episodio in cui tre concorrenti (un palermitano muto, un vietnamita e un bambino di 5 anni) cucineranno la polenta taragna mentre si scatena una pioggia di rane.

6. Oscar Farinetti – Regista

Soprannome: Peppone

Pro: Ha un visione. E un progetto. Comunicatore scaltro, imprenditore entusiasta, apritore (?) seriale di Eatlay, uomo di successo.

Contro: Uomo di successo (in Italia non è ammesso); ha il prurito per la politica, virus persino peggiore di quello catodico, contesto dove usa portare Nebbiolo alla Bignardi o plaudire i progetti antirottamazione di Matteo Renzi.

Curiosità: È l’ago della bilancia nella questione Tav. L’alta velocità non si farà per decretare la vittoria della filosofia slow” con l’apertura del primo Eataly che collega l’Italia alla Francia. Sarà tutto su un piano ma lungo 312 km.

7. Massimo Bottura – intermedio destro

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Soprannome: lo Steve Jobs della cucina

Pro: Me miserrimo non sono mai stato a La Francescana, ma sono certo che i pro sono tutti dentro i piatti. D’altronde la cucina è come il calcio: non si può barare sul talento.

Contro: Ti scatena il populismo gastronomico. Della serie se non hai studiato la tavola periodica degli elementi di Dmitrij Mendeleev, non sei nessuno. Sfumatore di colore degne della luce di Caravaggio, ricerca delle consistenze approssimata al Bosone di Higgs. Insomma, a Bottura, ce fai magna’? Non è che ci credi troppo?

Curiosità: all’età di 8 anni, dopo aver rubato dei tortellini, il piccolo Bottura si rifugiò in un ristorante. Come i soliti registi che si sono innamorati del cinema perché il protezionista li faceva entrare di straforo, vedevano un film centinaia di volte e bla bla bla, il nostro divenne amico di un cuoco che si divertiva a proporgli piatti provocatori per indurlo a non tornare più. Fu l’inizio di un lungo tragitto di innovazione.

8. Carlo Cracco – intermedio sinistro

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Soprannome: Il bel tenebroso

Pro: La solidità nell’alta cucina. La valorizzazione di Matteo Baronetto. Il geniale salmone marinato con foie gras è abbinato al sidro. E poi è lo sponsor italiano dello scalogno.

Contro: Ogni volta che si chiede di lui nel suo ristorante ti portano un telecomando. Per scoprire che di fronte ai concorrenti ha la stessa misericordia di Montero in aria di rigore.

Curiosità: Durante le registrazioni della prima stagione di Masterchef, al 36°sguardo intenso in macchina con strizzata corrucciata sperimentò una breve paralisi dell’occhio destro. Costretto a un ricovero d’urgenza al San Raffaele finì in stanza con Berlusconi che gli insegnò a fare il risotto.

9. Chef Rubio – centravanti

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Soprannome: Er cloaca

Pro: Esplode con una prima stagione da capocannoniere ingerendo qualsiasi cibaria e gettando una pietra tombale sulla cucina fighetta in televisione. Scalda il cuore delle foodblogger e del pubblico femminile, strizza l’occhio a quello maschile. La butta sempre dentro.

Contro: La birra per sgrassare, l’allisciamento del baffo, il drink a base di colatura di alici di Cetara.

Curiosità: Quando esce di casa la gente gli tira gli avanzi della cena al grido di “màgnate pure questo chef Danubio (cit.)”

10. Joe Bastianich – fantasista

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Soprannome: The Unstoppable

Pro: Ha lo sfrontato ed efficace candore del businessman americano – che non se la tira e si beve un bicchiere con te – e le radici storiche adatte al ruolo: insomma è l’italo-americano perfetto. Sa essere personaggio e calarsi nel ruolo. È divertente (spesso suo malgrado) e ora ha messo anche le mani sulla ristorazione italiana.

Contro: Ha problemi con le mance. Assaggia, sputa e tira piatti; si doppia per la versione italiana di MasterChef Usa, corre, produce vini (rivedibili) e suona blues. Sembra un po’ lo sponsor di quella storia urticante secondo la quale l’ozio è il padre di tutti i vizi. Invece è bello. E creativo. Placatelo!

Curiosità: Diversamente dal suo commercialista il suo cane odia Crozza, specie da quando ha visto un suo autore affiggere il cartello “Se entri muoro” davanti la villa del suo padrone.

11 . Tripadvisor – attaccante di raccordo

Soprannome: Il cannibale di Google

Pro: Come Marx riconosceva il valore sommamente rivoluzionario della borghesia, l’utilità puramente orientativa dello strumento è innegabile.

Contro: Grillismo webcratico senza speranza. La rivoluzione dal basso che inabissa il pensiero.

Curiosità: Fino a qualche tempo fa nella stanza dei bottoni recensivano anche la qualità delle accuse fatte al servizio. Superati il milione hanno assunto dei metadiffamatori per diffamare i diffamatori.



Food porn da Settembrini. Con Pier Giorgio Parini e Luigi Nastri, ad esempio

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Settembrini festa 10 anni

Settembrini è diventata più di una via a Roma. In 10 anni ha ridisegnato gastronomicamente un quadrante della città di Roma con una serie di aperture a ripetizione. Della Galassia Settembrini fanno parte il Ristorante, il Cafè, la Libreria e, ultima (ma non ultimissima) apertura, Birra e Porchetta. Voi direte che noi siamo innamorati di Settembrini, del suo dehors che unisce bar e ristorante in una sequenza, della sua frequentazione vippissima con volti della televisione, Rai soprattutto, che ne hanno fatto una propaggine delle redazioni (e un miglioramento della mensa, supponiamo). Non saremo noi a contraddirvi.

Dieci anni sono un genetliaco che va onorato e la squadra di Settembrini capeggiata da Marco Ledda ha messo su un calendario di festeggiamenti con partecipazioni di produttori e chef di stanza a Roma ma anche no. Sul Red Carpet si attendono Ilario Vinciguerra, Roy Caceres, Pino Cuttaia e Rafa Penya, Anthony Genovese, Niko Romito, Gennaro Esposito e sono già transitati Gianluca Esposito, Oliver Glowig, Carmelo Chiaromonte, Cristina Bowerman e Pier Giorgio Parini.

Dal racconto della serata a 4 mani con Luigi Nastri che della cucina, ma sarebbe meglio dire delle cucine, di Settembrini è ispiratore e Pier Giorgio Parini, elfo delle erbe e dell’Osteria del Povero Diavolo di Torriana potrete ricavare elementi per lasciarvi sedurre da uno degli appuntamenti romani (le nuove gallerie fotografiche si attivano con un click su una foto). Il calendario completo lo trovate sul blog dedicato alla festa.

 

Triglia, caviale di angelica e latte fermentato

triglia pulita cottura della triglia cottura della triglia su piastra triglia pronta impiattamento della triglia caviale di angelica su triglia Triglia, caviale di angelica e latte fermentato

Ho iniziato la cena con il piatto preparato da Pier Giorgio Parini utilizzando il latte lasciato a fermentare e l’avviso sulla bottiglia “non buttatelo”. La triglia è in panino con se stessa ammantata del caviale verde che punge leggermente la lingua. Due ciuffetti di angelica sono lì a rinforzare la sensazione se vi piace anche cambiare discorso alla voce sale.

 

Sgombro, anice e finocchio

Luigi Nastri segue la preparazione impiattamento sgombro anice e finocchio sgombro nel piatto spray sullo sgombro Sgombro anice e finocchio di Luigi Nastri

Luigi Nastri ha in serbo per i commensali uno sgombro. Ha frullato il finocchio per farne un letto su cui poggiare il pesce bruciato in padella dalla parte della pelle. L’essenza lo avvolge con lo spray e la mela restituisce altra freschezza.

 

Granchio, pesche e peperone

Ciotole Preparazione piatto a Settembrini Granchio, pesche e peperone di Luigi Nastri Isabelle Chic+Spicy fotografa Granchio, pesche e peperone di Luigi Nastri

Affondo il cucchiaio nella zuppa fresca di granchio e di vegetale. È buona, molto buona nel suo essere comfort food contemporaneo. I pareri di altri commensali sono un po’ meno lusinghieri, ma non apriremo un dibattito sulla migliore destinazione di un granchio perché pesche e peperoni sono un’ottima compagnia. Rassegnatevi all’idea.

 

Risotto alla marinara

Luigi Nastri impiatta rifinitura ricci Risotto alla marinara di Pier Giorgio Parini Pier Giorgio Parini al pass

Il gioco del piatto+ della serata è presto fatto. Nella serie del sembra ma non lo è  (e in questa voglio solo ricordarvi la ricetta della metà carne), metto questo risotto (il risotto è un piatto che piace a Parini e a ni) che sembra scotto, ma non è possibile perché non contiene riso. I chicchi sono in realtà seppia e giuro che tutto sembra mantecato alla perfezione. Ed è proprio mantecato alla perfezione con il sedano rapa. E poi scrocchia il nero di seppia. Il brodo è di vongole e il condimento è di ricci.

 

Agnello, carote e cipresso

agnello Pier Giorgio Parini agnello Parini Nastri agnello Settembrini 10 anni Agnello, carote e cipresso di Pier Giorgio Parini

Il cipresso l’ho ritrovato in tanti piatti di Pier Giorgio Parini. Direi che è come il prezzemolo a patto che nessuno travisi pensando che c’è quando non ci dovrebbe essere. Il piatto è di quella categoria lo mangerei a vagonate e non basta l’appendice dello “stiamo cercando un agnello che ci convince di più qui a Settembrini”. Le forniture del ristorante romano vogliono diventare ancora più verticali: 1 fornitore, 1 prodotto. Cambiando gli addendi, al momento la somma non cambia.

 

Cioccolato, yogurt e alghe

Preparazione dolce di cioccolato Impiattamento dolce alla festa di Settembrini cioccolato Luigi Nastri impiatta il dolce Cioccolato, yogurt e alghe di Luigi Nastri

Pranzo di mare, dolce di mare. L’alga forse è un po troppo poco per battezzarlo così, ma il cioccolato è la chiusura giusta di questa gaudente cena che avrebbe riconciliato chiunque con il concetto di cena a 4 mani che sa molto di show e poco di cucinato.
Nastri e Parini al mercato Pier Giorgio Parini e Luigi Nastri Settembrini festa 10 anni Cerasuolo-d'Abruzzo-Emidio-Pepe sala Settembrini

Da Settembrini si è cucinato espresso partendo dalla spesa del giorno prima che Pier Giorgio Parini ha fatto a Roma con Luigi Nastri. Sarà stato anche questo ingrediente il successo dell’incontro a 4 mani?

[Immagini: Serena Eller Vainicher, Vincenzo Pagano]



Cose a cui non hai mai pensato di dover pensare: la festa di compleanno del tuo cane, ricetta compresa

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Se nessuno come un cane sa apprezzare la straordinarietà della tua conversazione (cit.) forse è vero anche per la tua cucina. Ma non ti demoralizzare, il lenzuolo di parole che sto per scrivere servirà a farti capire che:
a) cucinare per un cane non è difficile
b) c’è chi ha fatto della cucina per cani una professione
c) i padroni dei cani amano organizzare feste di compleanno per i propri pelosi.

Breve e vagamente inutile digressione personale – E’ bizzarro che sia io a raccontarvi queste cose sulla cucina per cani. Io di cani non ne ho mai posseduto uno (e aver visto Hachiko dieci volte so che non fa testo). No, frenate, non sono quel genere di persona insensibile che non ama i cani e quindi, per sillogismi noti, non ama le persone. Solo che non credo di essere adatta ad accudire un cane. Quando ero molto piccola i miei nonni avevano Febo, un pastore tedesco di cui io ho vaghi ricordi, se non quelli di lui che ringhiava contro chiunque cercava di avvicinarsi a me. Febo mangiava cose di cui non ho memoria, ma che non erano particolarmente appetibili altrimenti mio nonno non avrebbe avuto ragione di dire “questo lo diamo al cane” ogni volta che mia nonna se ne usciva con qualche esperimento gastronomico poco riuscito.

cibo per caniozzi-carlinotavolo-della-festa-per-i-cani

In ogni caso, se oggi avessi un cane, chiederei un consiglio a Kiki Pelosi. E’ un’esperta di cucina canina e di “ricette festose per zampe pelose” (cito testualmente dal suo blog). Talmente bizzarra e gioiosa che l’ho trovata subito adorabile. Geniale nell’essersi inventata una professione. Ma no, non adotterò un cane.

Kiki non si limita a cucinare, ma organizza vere e proprie feste di compleanno per cani. Sembra che sia un passatempo molto di moda, quello di festeggiare il proprio cane invitando amici (accompagnati dai padroni) e preparando qualcosa di buono da mangiare. Probabilmente più divertente per i padroni che per i cani. Ok, ditelo, sono una brutta persona a pensare queste cose. Ma non riesco a fare a meno di pensare che se ogni anno canino equivale a sette anni umani, siamo proprio sicuri che i vostri amici a quattro zampe abbiamo voglia di festeggiare?

-       “Kiki, cosa intendi esattamente per “feste di compleanno per cani”?

-       “Per festeggiare Nena (carlino nero), Ozzy (carlino), e Cyrus (bullmasAff) abbiamo scelto come location il loft di Mauro e Giusy Gatti. Uno spazio molto confortevole, perfetto per ospitare tre pelosi così simpatici e vivaci.”

-       Ah, ah…

-       “L’ispirazione per il tema è stata “Super Best Friends”: tre parole che riassumono un concetto, l’amicizia super. Ozzy, Nena e Cyrus infatti sono davvero una famiglia…e condividono proprio tutto. Anche le mini torte! Durante la festa sono stati tutti meravigliosi e ci hanno regalato moltissima allegria.”

-       Ma, in pratica, come distingui un compleanno canino da un normale pomeriggio in cui tre cani passano qualche ora insieme a giocare?

-       “Per questa festa il menu è stata la mia preoccupazione maggiore. Cyrus e Ozzy, infatti, hanno dei piccoli problemi gastroenterici per cui il cibo doveva essere adatto alle loro esigenze. Ho cominciato a disegnare e a pensare ai piatti e agli ingredienti ma non contenta, ho voluto organizzare un incontro con un veterinario per essere completamente sicura. Il menu che ho realizzato non si è semplificato, ma non ho rinunciato allo stile e ho creato tre mini tortini di riso basmati e nasello a vapore con dei fiori eduli. Inutile dire che sono stati spazzati via in pochi secondi.”

Breve e completamente inutile digressione personale – Me lo immagino, il mio nonno, davanti a un tortino di riso con sopra dei fiori eduli, dire “questo lo diamo al cane”.

Dopo la teoria, passiamo alla pratica, ho chiesto a Kiki una ricetta festosa per i vostri pelosi.

Fior fior di riso

ricetta-fior-fior-di-riso-per-cani

Ma torniamo all’inizio di questa storia, e precisamente al punto a) cucinare per i cani non è difficile. Specie se una persona come Kiki si è presa la briga di riassumere le sue preziose regole in decalogo:

“I nostri 4zampe apprezzano chi dedica loro del tempo e chi cucina con amore…perché? Perché riescono percepire che nell’aria c’è della Bontà! Detto questo, ecco 10 consigli per cucinare per il vostro Peloso!

1. Dedicate tempo e amore alla ricetta, siate scrupolosi e corretti. Pensate che il cane è un animale, non la zia di Sorrento venuta per strafogarsi!
2. Scegliete ingredienti sani e genuini, niente di inscatolato o troppo conservato. Freschezza First!
3. Non usate sali, burri e zuccheri di nessun genere. E non friggete nulla!
4. Volete usare il riso? STRACUOCETELO. Il riso, a loro, piace così.
5. Verdura e frutta? Certo! Ma quale? Patata bollita di sicuro, mela grattugiata assolutamente! No aglio e cipolla…l’alitosi non piace ai Pelosi. E nemmeno l’avocado.
6. Usate il forno e la vaporiera per le ricette dedicate al Peloso, anche lui tiene alla linea!
7. Dimenticate la parola DOLCE o TORTA, i cani non sono Marie Antoinette. Se “torta deve essere” che sia fatta di carne o pesce, riso e verdure cucinate con legeresse. No macaron, no cake di ultra design e biscottini dai colori pastello. Woof!
8. Lo volete viziare? Fate delle polpettine al forno con petto di pollo e un trito di carota. Poi usatele come premietti. Sarà felicissimo!
9. Ciò che fa bene e piace a voi non è detto che vada bene per loro. Tenetelo sempre in mente. E
quando arriva l’estate create dei ghiaccioli con succo di mela biologico piuttosto che dargli un
cucchiaino di gelato. Il gelato è goloso SOLO per noi.
10. Amatelo e rispettatelo perché lui ha solo voi e vive per voi. E soprattutto sta in cucina con la lingua spianata aspettando voi e la vostra meravigliosa ricetta fatta con dedizione.”

Breve e utile digressione personale – Non invitatemi al compleanno del vostro cane, non saprei proprio cosa regalare al peloso, però una cosa è certa, dopo questo pezzo la metafora “mangiare da cani” avrà per me tutto un altro significato




Milano. Cibo, vino, arte, design, moda di alta gamma o in una parola Larte

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Larte Milano sala con bottiglie

Bella gente all’inaugurazione del Larte. C’era questo c’era quello (e c’ero anch’io): vip e nip, potenti e potentati vari, presenzialisti e attivisti, e naturalmente non poteva mancare qualche blogger – anzi foodblogger – ormai imprescindibili per meriti acquisiti sul campo, meglio, a tavola. Contemporaneamente vip e nip, mi sono aggirato in questo ambiente nuovissimo con interesse, vuoi antropologico vuoi gossiparo, ma soprattutto, scusatemi, culturale e gastronomico.

COLLEGATO

Larte – senza apostrofo (e dal logo futuristico – nel senso di Depero, naturalmente) – è un progetto nato all’interno della Fondazione Altagamma (ovvero, da vent’anni le eccellenze italiane di fascia alta) che ha visto la luce a Milano, in via Manzoni, a due passi dalla Scala, dirimpetto alle Gallerie d’Italia, quattro passi dal Museo Poldi Pezzoli e da Casa Manzoni, un po’ di più da Brera eccetera (localizzazione quindi significativa, che ben si attaglia al nome; consideriamo poi che in questo stesso edificio nacque il “gran Lombardo”, Carlo Emilio Gadda, epitome di milanesità, ma anche di ideazione, di “design” linguistico direi quasi).

Larte Milano mise en place

Un gruppo di soci e partner (alfabeticamente: Alessi, Artemide, Baratti & Milano, Bellavista, Ca’ Del Bosco, Caffarel, Cantine Ferrari, Capri Palace Hotel, illycaffè, MK Consulting, Federico Regalia, Sanpellegrino, Santo Versace) ha, come si dice, “fatto sistema”, e aperto questo spazio in cui far convivere enogastronomia, arti, design, moda. La direzione creativa è di Davide Rampello, che ha introdotto la serata di fronte a un pubblico abbastanza rumoroso (mandibole all’opera, chiacchiericcio persistente – ma noi #braviblogger ce ne stavamo lì buoni buoni ad ascoltare): si tratta di uno spazio commerciale ed emozionale, che accoglie e ospita come una casa, o anzi un caffè (Illy), più una cioccolateria (Baratti & Milano e Caffarel), più un’hosteria (ecco, magari questo più a livello etimologico che come target…), più aperitivi (Franciacorta e Trentodoc: Bellavista, Ca’ del Bosco e Ferrari) abbinati, leggo, al “cibo nudo” (e in effetti, l’aperitivo d’inaugurazione prevedeva una miriade di assaggi non “elaborati”, vorrei dire, abusando della mia stessa pazienza, “in purezza”), più un ristorante (la direzione operativa è affidata ad Acropolis – Capri Palace Hotel con il general manager Ermanno Zanini e per la parte ristorazione Tonino Cacace), più un negozio galleria spazio espositivo. Tutto insieme: ecco perché Larte, senza apostrofo, e con parole chiave declinate.

Larte Milano libreria caffè Larte Milano dettaglio parete attrezzata Larte Milano stile italiano Artemide e Zanotta Larte Milano interior cemento fibrorinforzato Larte Milano sala con bottiglie Larte Milano contenitori vetrine Larte Milano Illy Caffè

Il Caffèluogo di ritrovo per eccellenza, attorno a questa bevanda si è sviluppata in Italia una cultura dell’intelligenza e della conversazione, un modo di stare insieme che ha dato luogo a movimenti letterari e artistici.

La Cioccolateria è altrettanto un’offerta non solo di prodotto, ma di un mondo dove l’Italia ha rinnovato la sua tradizione portandosi, grazie a una nuova e inedita interpretazione del cioccolato, ai vertici mondiali.

L’Hosteria è da sempre un luogo totalmente italiano dove in tutta la penisola si esercita l’arte dell’ospitalità che, in questo caso, è incentrata sull’offerta dei vini.

Il Ristorante ha nella sua etimologia il concetto di “ristorare”, dare vigore, nuova energia, elaborando tutte le formidabili varietà del patrimonio agroalimentare italiano che non ha pari nel mondo. Pensiamo alla varietà e alla biodiversità del patrimonio orticolo, cerealicolo, dei legumi, delle carni, dei formaggi e degli oli italiani, dei vitigni, ecc … caratterizzata da una qualità altissima e da una straordinaria memoria che ha radici millenarie.

La Galleria: l’Italia ha da sempre espresso momenti altissimi nei linguaggi artistici. LARTE farà riferimento al moderno, al contemporaneo, a quei movimenti e opere che dal dopoguerra in poi hanno influenzato il linguaggio artistico nel mondo: pensiamo a Burri, Fontana, Manzoni, …

Lo spazio è molto bello: un ingresso lineare e moderno, forse non larghissimo (vista l’occasione era particolarmente sovraffollato), che consiste in un lungo corridoio, che porta a un altro corridoio e a una cucina e che arriva a una bella sala post-industrialeggiante con una saletta ulteriore. Cucina e saletta sono divisi dalla sala da una grande vetrata satinata effetto ti intravedo o magari no. Opere d’arte, belle luci, pareti a pioli che poi reggono bottiglie (ovviamente “finte”), oggetti, moduli vari. Bisognerà rivederlo in una situazione normale: certo l’occhio era più attratto dalle ottime mozzarelline e dalle fette di affettato che dalle preziosità artistiche.

Lapo Elkann all'inaugurazione Lartesoci Larte Milano

Serata Piacevole, mi sono divertito, anche grazie agli amici foodblogger, e alle cose che ho assaggiato, alcune assolutamente meravigliose; per il resto, affollata e rumorosa, come sempre in questi casi. C’era questo c’era quello, dicevo: così ho intravisto, salutato, urtato, ignorato, a seconda dei flussi di folla, Gualtiero Marchesi, Davide Oldani, Bruno Barbieri, Fiammetta Fadda, Allan Bay, e poi Adriano Galliani e Lapo Elkann, Enzo Miccio, non ho proprio visto Csaba Dalla Zorza e Andrea Berton – ma ho assaggiato solo qualcosa qua e là.

Larte è un manifesto e anche il Ristorante spiega la sua filosofia. Ve la copioincollo dal magazine ufficiale che trovate in pdf.

Ne LARTE la cucina è un concetto semplice e circolare: innovazione, tradizione, nuovi piatti e valorizzazione dei classici. L’impegno principale sarà restituire ai prodotti la centralità del proprio ruolo, selezionando accuratamente i migliori talenti gastronomici del nostro territorio, seguendo i cicli stagionali e rendendo gli ingredienti dei nostri piatti riconoscibili senza tradirne le origini.

La creazione dei piatti non potrà prescindere dal bisogno che sentiamo di attingere al patrimonio gastronomico che il nostro Paese ha ereditato. Prima di investigare nuove strade LARTE vuole valorizzare – in maniera moderna – quei piatti e quei sapori che popolano la memoria olfattiva e gustativa italiana, e che raccontano una storia più complessa, di valori sedimentati e collettivi. Un lavoro filologico e non un esercizio autoreferenziale.

LARTE si proporrà anche come crocevia e luogo d’incontro di tutte le eccellenze gastronomiche del nostro Paese. Tutti i mesi – per una settimana – LARTE ospiterà un guest chef che, in rappresentanza di una Regione italiana, racconterà attraverso la propria cucina la specificità del Territorio da cui proviene. Agli incontri parteciperanno anche piccoli produttori e allevatori di eccellenza che operano negli stessi “Terroir”.

Larte Milano cucina e sala

Se avete ancora dubbi sull’importanza della Cucina nell’anno di grazia 2013, aggiungerò che è sempre visibile, contenuta com’è in un boudoir che al centro del locale. Si svela sensuale appena coperta dalla sottile tela di lino inserita nella grande vetrata che la separa dalla grande sala. Anche l’acciaio inox concorre al gioco di seduzione del “vedo-non vedo”, con il colore bronzeo che gli è stato regalato da un processo naturale, leggo ormai rapito nel magazine.

La posizione centrale serve anche a diffondere in maniera discreta gli aromi. Due grandi pass, a contatto diretto con l’area di impiattamento, hanno forma di espositore per potenziare le fragranze dei piatti in uscita con pochi inserti di piante aromatiche che cambieranno al variare del menu e delle stagioni. E non saranno essenze, ma prodotti freschi profumati da Madre Natura. Per me questo è più di un manifesto programmatico.

Io posso dire che ho mangiato bene, benissimo: ho già accennato alle mozzarelline, e poi c’erano formaggi, tartine burro acciughe, affettati, mandorle avvolte in una sottile striscia di pasta. A occhio, molti prodotti campani o giù di lì, e veramente di una freschezza e bontà tali da ben rappresentare il concetto di “alta gamma”. I fornitori per la parte gastronomia sono Aceto Balsamico Giuseppe Giusti, Allegrini, Birra Menabrea, Calvisius Caviar, Coppini Arte Olearia, Masi Agricola, Pastificio Gentile dal 1876, Prosciuttificio Dok Dall’Ava, Urbani tartufi (mentre arredo e art de la table fanno affidamento su Ballarini 1889, Coltellerie Berti 1895, Florim, Jannelli e Volpi, Listone Giordano, Paron Arredamenti, Sirman, Zafferano calici e bicchieri, Zanotta).

La salettina in fondo conteneva quattro tavoli con quattro prosciutti Dok Dall’Ava, ovvero San Daniele del Friuli, che venivano amorevolmente affettati e proposti all’assaggio. Se il Dok Dall’Ava di San Daniele era buono, e quello un po’ più stagionato anche, il Fumato, affumicato, era meglio – ma il Patadok, ovvero maiale dell’Estremadura lavorato qui in Italia, beh… ne ho assaggiato a più riprese, visto che non son riuscito a farmi dare l’intero prosciutto.

E non ho trovato nemmeno un aggettivo che ne descrivesse la bontà, sapidità, pienezza, scioglievolezza. In questo contenitore nato nel cuore di Milano.

Larte. Via Manzoni 5. 20121 Milano. Tel. +39 02.89096950



Scatti di Gusto e Opel vi regalano Taste of Roma 2013 che vale il viaggio

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Callegari Sorbillo Opel Adam

State affilando forchetta e coltello? Giovedì 26 settembre parte Taste of Roma, l’evento gastronomico che mette insieme 12 tra gli chef più quotati della Capitale di cui vi abbiamo già proposto il menu declinato in ben 36 portate che potete iniziare a scegliere per costruire il vostro percorso preferito. Scatti di Gusto, con Dissapore e Spigoloso, sarà all’Auditorium Parco della Musica allo stand Percorsi di Gusto sponsorizzato dalla Opel. Il marchio automobilistico espone la piccola chic di casa, la Adam, che sta facendo strage di cuori con la livrea bicolore.

Callegari Sorbillo Trapizzini appena sfornatiOpel Adam Black Pack

Ne abbiamo “assaggiata” una bianco/nera nel nostro percorso di gusto tra i protagonisti della gastronomia di qualità. E siamo andati da “Mister Trapizzino” ovvero Stefano Callegari che è in procinto di aprire un nuovo locale a Ponte Milvio. Nell’attesa dell’avvio di Taste of Roma, davanti al suo 00100 Stefano Callegari, ha “infornato” insieme a Gino Sorbillo i famosi trapizzini. Il “tra”-pizzaiolo romano e il pizzaiolo napoletano saranno di scena insieme a noi in due cooking show cui potranno assistere e assaggiare 40 spettatori. Oltre a Gino Sorbillo e a Stefano Callegari, ci saranno anche Gabriele Bonci con Marco Radicioni e Roberto Battaglia secondo questo calendario:

Giovedì 26 settembre, ore 21, Gino Sorbillo presenta il panino napoletano fritto con l’impasto della pizza insieme a Giuseppe Giordano inventore del Pizzino.
Venerdì 27 settembre, ore 15, Stefano Callegari sfornerà il Trapizzino.
Sabato 28 settembre, ore 22, Gabriele Bonci e Marco Radicioni di Otaleg (nella nostra Top Ten Italia) con pane e gelato salato.
Domenica 29 settembre, ore 21, Roberto Battaglia si produrrà nel suo famoso Mozzarella di Bufala Live.

Trapizzino e Blitz Opel Trapizzino Stefano Callegari spuntino di viaggio trapizzino da viaggio Callegari e Sorbillo in ricordi di viaggio

Mentre provavamo a “mettere a fuoco” l’abitacolo della Adam e fare la “quadratura” del cerchio tra il triangolo del trapizzino ancora non farcito e lo stemma della Opel (guarda tu, un fulmine, un “Blitz” come il Flash che Scatti di Gusto utilizza per il giudizio sintetico dei ristoranti), abbiamo iniziato a ricordare i primi giri in auto da neo patentati e i viaggi programmati per raggiungere un ristorante o un produttore di cose buone.

opel-adam-cittàopel-adam-fuori-cittàOpel Adam portabagagli

A me è venuto in mente il tour del baccalà e delle osterie a Lisbona con l’auto che si inerpicava e i tram con la loro livrea inconfondibile (al pari delle pendenze da superare del Bairro Alto) e le molte strade costiere dell’Italia punteggiate di porticcioli dove attendere l’arrivo delle barche dei pescatori.

Forse al Taste of Roma arriverete con un mezzo pubblico, anche se l’Auditorium è fornito di comodi parcheggi interrati, ma se volete ricevere un biglietto di ingresso raccontateci il vostro “vale il viaggio” e cioè la volta che avete preso automobile e navigatore (o mappa se andate più indietro nel tempo) per raggiungere un ristorante o un produttore. Vi aspettano 10 ingressi per Giovedì 26 settembre nel turno Night e un posto in prima fila per la degustazione del panino napoletano fritto di Gino Sorbillo.

Prendete tastiera e mouse e accomodatevi: commenti o mail a info[at]scattidigusto.it come al solito. Ai 10 racconti più divertenti, secondo il nostro insindacabile giudizio, andranno altrettanti ingressi per Taste of Roma 2013. Fatevi sotto che noi siamo pronti ad assegnare il massimo dei fulmini, pardon, scatti (e per acquistare in altri giorni e sessioni, andate qui).



Instagram. I 10 food-profili da seguire assolutamente

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Food-photography, food-porn, selfies mentre si cucina, mentre si mangia, mentre si cammina e si vede qualcuno mangiare. Lo hanno già detto tutti, è una mania, una perversione, una fissazione, come volete chiamarla. Ma a me non interessa! Io Instagram lo amo, più di Facebook, più di Twitter e più di ogni altro social network al mondo. Perché come ti immischi nella vita degli altri su Instagram, non lo riesci a fare in nessun altro modo.

Così, da Insta-manaic quale (avrete capito) sono, da tempo seguo personalità di spicco del mondo gastronomico e, devo ammetterlo, farmi i fatti loro mi porta via non poco tempo. Quindi, ho deciso di fare una top 10 dei dieci (ma va?) tizi più interessanti del macrocosmo culinario, le cui vite sembrano essere estremamente attraenti e che valgono la perdita di tempo che vi verrà poi istintivo dedicarci.

È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.

1 – Jamie Oliver

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Vince su tutti, lui, il Dio della nonchalance, colui che sta a suo agio in ogni ambiente e circostanza, il possessore del più grande potere di persuasione nella storia della Tv (dopo Giucas Casella). Io lo adoro: è simpatico, intelligente, sa cucinare per davvero e ha una famiglia perfetta.

In più, nelle sue foto appaiono ogni tanto personaggi improbabilmente fantastici (Usain Bolt, DJ Norman Jay MBE, Russel Brand,…).

Seguitelo e non ve ne pentirete.

2 – Chef Rubio

rubio

Ovviamente, il figo di turno non poteva mancare.

Quindi, eccolo qui, che posta una foto ogni cinque minuti, direi un bell’Insta-maniac pure lui: dalla sua ascella, ai viaggi, ai festival musicali (sembra proprio lo Sziget quello nelle foto, buongustaio!), all’inevitabile street food.

È attraente, burlone e super mangereccio. Non che ne avessimo dubbi.

3 – Joe Bastianich

bastianich yellow

Ormai l’ossessione vera è lui: lo si segue ovunque, lo si cerca ovunque, lo si sorveglia a vista. Tutto quello che fa, poi diventa leggenda. L’abbiamo visto come restaurant man (nasce così), come giudice in Tv, come scrittore, come musicista. E ora, come shoes addicted. Sì, perché sul suo profilo Instagram potete trovare un dettagliato inventario delle sue scarpe.

Purtroppo, i post pubblicati sono ancora pochi, ma sono certa che Joe ci regalerà grandi consigli di stile.

Raccomandato ai fashionable guys.

4 – Lorenzo Cogo

lorenzo cogo

Il giovincello, ormai non più promessa, ma tangibile talento nel mondo delle stelle Michelin, dona scatti di umile vita vissuta. Abbracci con amici, mangiate fuori porta, foto in riva al mare o in mezzo alle montagne.

Uno di noi. Bello per questo.

5 – Anthony Bourdain

bourdain congo

Non poteva certo mancare lui, il re dell’avventura. E infatti, sul suo bell’Instagram, ci delizia con fotografie di viaggi esotici, colori lontani, paesaggi mozzafiato.

Sembra quasi il profilo del National Geographic, ma noi, d’altronde, non potevamo aspettarci altro.

Se volete sognare, seguitelo. È incredibile quanto sia vagabondo nell’animo quell’uomo. Un Patrizio Roversi charmant, per dire.

6 – David Lebovitz

lebovitz

Autore di libri di cucina, food blogger per eccellenza, ex pasticcere del famosissimo Chez Panisse di Alice Waters. Un’istituzione nel mondo della comunicazione gastronomica.

Poche foto very intimate, ma tanto cibo, cibo, e ancora cibo. Robe da farti venire l’acquolina in bocca anche dietro uno schermo.
In più, idee e consigli su locali Parigini tutti da scoprire.

Utile e interessante.

7 – April Bloomfield

bloomfield

Chef inglese, con gli attributi, stellata in ben due ristoranti. Ma questo voi lo sapete già.

Quello che probabilmente non sapete, è che il suo Instagram è un must follow: scatti degni di un fotografo professionista, poco patina e tanta sostanza. Lei che va a pesca, lei che va a scegliere la carne, lei che raccoglie le verdure. Sempre con un bel sorriso stampato in faccia.

Genuina. Per davvero.

8 – René Redzepi

redzepi instagram

Certo che cito anche lui! Uno, perché sono sempre curiosa di vedere quale stramberia decida di sperimentare oggi. Due, perché ha un non-so-che di selvaggio che lo rende così irresistibilmente attraente… Tre, perché è uno dei più grandi Chef viventi. Dici poco?

9 – Penny de los Santos

pennydelossantos

Non è una chef. Non è una food blogger. Non è una ristoratrice. È una fotografa, che ha fatto del cibo la sua seconda vocazione.

Le sue foto sono a dir poco emozionanti e meravigliose e lasciano trasparire quanto di più magico ci sia dietro al mondo del cibo. Poco ha a che fare con il food-porn, tanto si avvicina alla vera e propria arte.

Se amate le cose belle, oltre che buone, dovete seguirla ad ogni costo. Dopo, il mondo non sarà più lo stesso.

10 – Identità Golose

identità golose 2

Non un profilo di un personaggio in particolare. Ma l’insieme che li raggruppa tutti.

Non autocelebra particolarmente l’evento (non sempre, per lo meno), ma tutti i grandi chef che ne prendono parte.

A me piace parecchio ed è una fonte di informazioni inesauribile. Bello e curioso.

La mia lista finisce qui (non prima di un momento di autopromozione per Scatti di Gusto), ma si accettano suggerimenti. Anzi, suggerite Signore e Signori: la mia voglia di mettere il naso negli affari delle gastro-istituzioni è insaziabile. Come il mio stomaco.

[Immagine di copertina: gizmodo]

 



Il video che svela Valerio M. Visintin, critico gastronomico in anonimato ma non anonimo

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Valerio M. Visintin

Valerio M. Visintin

La critica gastronomica deve restare anonima altrimenti si rischia l’opinione impopolare secondo la quale i giornalisti che non pagano al ristorante al massimo sono meglio di Tripadvisor. Rispondere a un invito dell’ufficio stampa di un ristorante significa prestarsi all’inciucio e al collaborazionismo con il rischio di mandare a picco l’indice di credibilità dell’autore poiché non si paga il conto o, meglio, lo si trasforma nel cambio merce di una recensione o di un trafiletto favorevole.

Campioni dell’anonimato gastronomico sono gli ispettori Michelin e Valerio M. Visintin, critico che conduce Mangiare a Milano sul Corriere della Sera. Anche se in realtà, alla fine di un pasto e dopo aver pagato il conto, gli ispettori della Rossa si presentano. Invece, Visintin tiene al suo anonimato che gli permette di testare un ristorante come un qualsiasi commensale e di osservare i suoi colleghi in chiaro alle prese con affettuosità giornalistiche quando sono a tavola.

L’anonimato va difeso a ogni costo e, anche in occasione della presentazione dei suoi libri, i fan possono vederlo solo incappucciato a metà tra Fantomas e V (per vendetta dei commensali). Restano le certezze: antipatia per le foodblogger (“erinni taccute armate di twitter”), bocciatura dei rapporti personali critico-chef, idiosincrasia per il dilettantismo e i raduni della casta enogastronomica.

Con l’aiuto di Franca Formenti, che si è intrufolata nella sua cucina, siamo riusciti a sapere di più sulla vita privata del critico più criticato d’Italia che ha da poco festeggiato il 49° compleanno, usa la moka ed è interista. Il resto delle affettuosità, in video.



Marco Martini che vince Chef emergente 2013 e di altre bontà da Cooking for Art

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Marco Martini Stazione di Posta

Marco Martini Stazione di Posta

Marco Martini di Stazione di Posta ha conquistato il titolo di Chef Emergente 2013 assegnato dalla giuria che ha partecipato al concorso indetto da Luigi Cremona.

Marco Martini Marco Martini rollè di faraona ravioli pollo kaki

Lo chef, che ha ventinove anni mette il sigillo su una manifestazione, che ha raccolto ampio consenso di pubblico facendo apparire Officine Farneto al limite della sua capienza, con 4 piatti di sicuro interesse: Gel di porcini, rollè di faraona con la sua salsa e marshmallow al parmigiano, Raviolo ripieno di parmigiano con pelle croccante di pollo, Alette di pollo con barbabietola rossa all’agro, Mousse di cioccolato bianco, nocciole sabbiate e gel di cachi con riduzione di Cynar. Un dolce che ha ricevuto l’applauso di chef stellati in giuria come Cristina Bowerman la cui postazione al Crystal Garden era nel frattempo presa d’assalto.

Di montagna si è parlato in questi giorni con tanti chef di alta quota che hanno spiegato piatti dal palco sistemato in posizione centrale rispetto ai ballatoi superiori. Un ring da cui sono partiti molti colpi di professionisti che badano sempre di più alla sostanza della materia prima. Prodotti, produttori e chef hanno animato questi ex magazzini di casermaggio, ritornati a nuova vita a poca distanza dallo stadio Olimpico, in una tre giorni rutilante di gusto e di protagonisti della scena gastronomica italiana. Ecco, tra i tanti momenti, quelli che ho preferito

Alba Esteve Ruiz

Alba Esteve Ruiz Stella Alpina Alba Esteve

Partiamo proprio dalla sfidante di Marco Martini al trofeo Chef Emergente del Centro, la spagnola Alba Esteve Ruiz che ha invece vinto la sua battaglia al banco della pasticceria con la Stella Alpina, cremoso di cioccolato bianco, biscotto, olio di oliva, limone, liquore, mousse di rosmarino. Si confrontava con mostri sacri, anche se in giorni differenti, come Andrea De Bellis, pasticciere star di Roma e non era facile.

Roy Caceres

Roy Caceres bottoni Caceres

Solo piacevoli conferme da uno degli chef più in forma del panorama capitolino. I bottoni al Blu del Monviso con rapa e tartufo sono la versione “mobile” dei suoi strepitosi ravioli. Formato mignon, goduria magnum.

Giulio Terrinoni

Giulio Terrinoni tortellini panna e prosciutto

Giulio Terrinoni guida con perizia il suo Acquolina a colpi di invenzioni sempre centrate: i suoi tortellini prosciutto (in realtà palamita) e panna (finocchio) riportano indietro ai primi riti adolescenziali nelle case di montagna in riunione con gli amici. Un classico della montagna da calorie e un lancio per il programma del ristorante con i martedì dedicati alla Caccia e Pesca.

Anthony Genovese

tortelli Il Pagliaccio Anthony Genovese

Sorridente, lo chef bistellato de Il Pagliaccio si è fatto valere con i suoi tortelli verdi di bieta, burro e acciughe. Eleganti e gustosi.

Daniele Usai

affumicatura Il Tino tartare oca Daniele Usai

Affumicatura per la tartare d’oca al pino e sottobosco di Daniele Usai del Tino di Ostia. Un processo scenografico e gradevole.

Gabriele Bonci

margherita farro Bonci pizza ceci mortadella Bonci Gabriele Bonci

Gabriele Bonci si è dato alla pizza tonda con successo. Dal forno a legna in dotazione al Crystal Garden ha sfornato una margherita corretta alla ricotta che ha assicurato tutti sulla possibilità di ulteriori sviluppi. E la pizza in teglia? La solita strepitosa pizza.

Stefano Callegari e Gino Sorbillo

margherita Sorbillo Strazzullo Cremona pizza greenwnich Gino Sorbillo e Stefano Callegari

L’accoppiata terribile della pizza romana e napoletana, che ha vinto il Campionato Nazionale della Pizza, ha tenuto un workshop sulla lievitazione. E poi non hanno resistito alla tentazione di una pizza a 4 mani. Impasto di Callegari e due margherite a confronto. Buone e diverse. Sul palco centrale c’è stata l’occasione per sottolineare la capacità di Michele Strazzullo nel costruire forni a legna della tradizione napoletana.

Paolo Parisi

il forno di Paolo Parisi carne Paolo Parisi IMG_0132

Il re delle uova ne ha inventata un’altra, anzi, l’ha modificata. Lu Furnu è l’evoluzione del suo strumento per la cottura ad alta temperatura. Ancora più pratico e disponibile in elementi modulari che si sviluppano in altezza con un prezzo di partenza di 4.000 €. Verdure stupende, carne (6 anni) ancora meglio. Spettacolare il grano arso.

Caulier

birre di Caulier

La birra Sugar Free di Caulier declinata nelle 4 varianti alla spina è convincente. Birra naturale che non ha coloranti nè conservanti. Tradizionale, bionda o bruna, Extra e “28″  ha sempre un giusto equilibrio senza diventare amarissima come il sottotitolo lascerebbe presagire. E con poche calorie.

Villa Matilde

Maria Ida Avallone Villa Matilde Cecubo e Camarato vini Villa Matilde Villa Matilde

Maria Ida Avallone è ai banchi con il suo Villa Matilde. Un amico ha confrontato per la prima volta due rossi della casa. Il Cecubo, primitivo, piedirosso e antiche varietà autoctone, fa breccia.

Scupozz

genziana Scuppozz

La Genziana è un prodotto che nell’azienda di famiglia Scupozz ha fatto seguito all’invenzione del capostipite, l’amaro. Ora è prodotta in questa versione “sacc”, meno amabile della classica e molto buona con le radici coltivate sui monti.

 



Milano. Recensioni a scrocco delle inaugurazioni di Meatball, Tartufotto, Zushi

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Zushi-Milano-ambiente

Devo trovare anch’io qualcosa da inaugurare – sembra che a Milano, di questi tempi, non si faccia altro. Un lato – triste – della crisi economica che ci attanaglia è la chiusura di locali e ristoranti (ovviamente, rimaniamo nel nostro ambito d’elezione): è così che, qui a Milano, non ci sono più, ad esempio, Enocratia, e de light, e si sentono voci di crisi per Eat’s. A margine – le varie offerte superscontate non sembrano altro che un palliativo.

Dall’altro lato, la soluzione sembra risiedere nella stessa zona di crisi – il cibo. Aprono negozi, rivendite, baracchini, store dedicati al mangiare – e in questo periodo va il locale nuovo, possibilmente con prezzi diciamo calmierati, con un’offerta che si distingue per tematicità (le polpette, le michette…), per innovazione (la birra, più o meno artigianale, o gli hamburger, che peraltro iniziano a perdere la loro carica di originalità, le tapas, la pizza gourmet…), o per glamour (dallo chef famoso alla location particolare – purché sia, aggiungiamo, caratterizzata da qualche inserto post-industriale, da qualche mattone in bella vista, pavimentazione in cemento, tubazione a incombere, allure di riciclo).

Qualche novità?

zushi Zushi-Milano-ambiente sushi tipi zushi a milano zushi preparazione

ZUSHi, in via Volta 21. Pubblico folto, debordante sui marciapiedi, anche all’inaugurazione di questa nuova location milanese per una catena di “Zushi” restaurant giapponesi, contemporanei e creativi, con eleganti richiami alle giapponeserie che altrove imperversano. Peraltro, inviti distribuiti anche per strada, nelle zone limitrofe. Target più modaiolo-intellettuale, per gli inviti; il che non toglieva nulla alla “fame” dei presenti, più o meno ordinatamente in coda per ricevere coppie di bocconi di sushi vari – forse si sarebbe potuto pensare e organizzare meglio il tutto, e permettere una reale degustazione del cibo (anche se poi in questi casi non è forse la degustazione il fine ultimo, quanto l’esserci il vedersi il parlarsi sopra e sotto e dietro, sempre con il cellulare a portata). 182 “mipiace” su facebook.

tartufotto Milano tartufotto tartufotto sala

Tartufotto, in via Cusani 8. Ah, ecco – sembrerebbe l’8 della via ma sono gli 8 soci che hanno intrapreso l’impresa (in ordine alfabetico: Andrea Baroni, Matteo Brogi, Stefano Ghelli, Luca Giachetti, Maurizio Mauri, Simone Rugiati, Cristiano Savini, ovvero “Savini Tartufi”, Giorgio Sorrentino), tutti rigorosamente toscani: da qui prende il nome (non meraviglioso, diciamocelo… anche al di là delle assonanze con il Tartufone di anni fa…) il locale. Dai ripetuti 8, o dal naso di Giotto (Gi8?), il cane Savini che se ne va a cercare i tartufi da mandare qui a Milano… Inaugurazione affollata, con quel tanto di food-glamour assicurato dalla presenza di Rugiati, che oltre a essere socio cura anche il menu (Simone non starà in cucina – avrebbe evidenziato ben altrimenti il suo nome sull’insegna, direi), che ruota attorno alla toscanità (formaggi, carni – non per niente all’inaugurazione stazionava davanti al locale un furgoncino di Falaschi – e ovviamente i prodotti Savini). Glamour ribadito dalla presenza di Chiara Maci, blogger-complice di Rugiati in “Cuochi e Fiamme”, giornalisti esperti blogger esponenti della Milano-che-mangia (per dire, da Davide Oltolini a Dan Lerner ai Singerfood). Calca nel locale, sopra e sotto, e in strada, e attorno ai vassoi, bottiglie prosciugate – all’assaggio, buone sia le materie prime, sia le idee rugiatesche, tutte da verificare a tavola (Tartufotto è aperto fino alle 22); i prezzi dei piatti che accompagnano l’aperitivo, essendo tutti direi “tartufati”, non sono male (dai 9 ai 16 €), devo ancora vedere la carta del ristorante. 576 “mipiace” su facebook.

metaball family Milano metaball family cucina

The Meatball Family, in via Vigevano 20. Anche questo, aperto da una cordata di imprenditori, fra i quali Federico Gordini (Mica, oltre che la Milano Food Week) e – nome di “ecceziunale” richiamo (ne sento parlare anche sui mezzi pubblici) – Diego Abatantuono. Uscito peraltro in questi giorni con un suo libro a sfondo culinario, Ladri di polpette (Mondadori). Calca, strabordante sulla strada, non sono riuscito a intercettare nemmeno una polpettina (una quarantina di tipi diversi…), ma sono arrivato decisamente tardi. Che il fatto di associarsi in tanti possa essere una garanzia di pienone per le inaugurazioni? Pubblico probabilmente erede, o reduce, della “Milano da bere”, diventata – ma non a pieno titolo, manca forse l’elemento “foodie” – “Milano da mangiare”? O le mie impressioni sono viziate dall’essere arrivato tardi, e quindi da un probabile avvicendamento dell’audience. Forse anche grazie ad Abatantuono – 2.436 “mipiace” su facebook.

Originale il look-Tartufotto, cemento, citazioni dantesche, parte di una parete occupata da un camino-colonna in vetro, con più fuochi e legna da bruciare a vista, pavimento con mappa del centro della città ed evidenziata la sede del locale (sono previste altre sedi del locale in altre città, che dovrebbero riprendere il look). Moderno e stilizzato ZUSHi, vetri video salette tavolini bassi, giapponese contemporaneo, cucina a vista. Meatball riprende il look-mattone, pavimento grezzo, con una bella zona bancone e cucina a vista dietro una grande vetrata.

Lambiczoon hamburger Lambiczoon Milano

E settimana prossima “inaugura” Lambiczoon, aperto da qualche giorno in via Friuli 46, birrificio e burger bar che immagino privilegi la birra lambic (già 910 “mipiace” su facebook), il Bjork Side Store in via Panfilo Castaldi 20, filiale della brasserie Bjork di Aosta (1.020 “mipiace” su facebook). Mi ci fiondo prima che forse riesco ad assaggiare qualcosa.



Terre dei Fuochi. L’Associazione Verace Pizza Napoletana prende le difese del pomodoro

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pizza margherita Associazione Verace Pizza Napoletana pomodorini del piennolo

Non la pubblicheranno sui quotidiani, probabilmente, ma la “pagina pubblicitaria” che l’Associazione Verace Pizza Napoletana ha pubblicato su Facebook è la risposta al pomodoro made in nord. Dopo la presa di posizione di Pomì in favore del pomodoro del Consorzio Casalasco nella Pianura Padana, nate delle dichiarazione desecretate del pentito di camorra Carmine Schiavone, arriva la promozione a mezzo Disciplinare Internazionale dell’Associazione che raccomanda l’impiego sulla pizza napoletana di prodotti certificati della tradizione agricola campana. E quindi dei pomodori.

  1. Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino D.O.P.
  2. Pomodorino del Piennolo del Vesuvio D.O.P.
  3. Pomodorino di Corbara

Ciro-Salvo-pizza-piennolo

Giusto? Sbagliato? La dichiarazione di impiego dovrebbe aiutare il comparto conserviero, ma potrebbe generare l’effetto opposto e allargare il timore delle contaminazioni alla pizza in un ping pong in cui è difficile per i consumatori non campani comprendere a volo le aree di produzione suddividendole correttamente nelle province. Si rischia l’effetto calderone.

La rassicurazione che tutto procede normalmente la fornisce il Consorzio del Pomodoro San Marzano con le news della pagina ufficiale ferme alla partecipazione del presidente al programma Occhio alla Spesa. Del 17 novembre 2011, due anni or sono. Come dire, nulla di cui preoccuparsi da queste parti.

 




La guida Michelin 2014 recensisce Baronetto al Cambio, ancora chiuso, e rischia con Cracco. Leggete pure

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Cracco 1 stella Michelin

Cambio michelin Torino

Non esiste il vangelo dei ristoranti. Lo abbiamo capito oggi riguardando la guida Michelin 2014 dopo gli avvisi via web. La prima edizione della Rossa curata dal nuovo direttore Sergio Lovrinovich passerà alla storia per le tre stelle assegnate al Reale di Niko Romito (senza nessun “baratto” con contestuale perdita di un tristellato già in guida) e per la prima recensione a porte chiuse.

COLLEGATO

Nel senso che il ristorante recensito è il Cambio di Torino che è ancora chiuso. Capite ora che non si può parlare di vangeli e mantra. Se anche la Michelin sbaglia, tutto è possibile, compreso che L’Espresso recensisca Alice ad Eataly Milano che aprirà non a brevissimo. E che la Michelin segua a ruota a Torino.

Quello che deve ammaliare i recensori/ispettori non è il grado di anonimato o la rapidità di pagamento del conto, ma gli ambienti nuovi. Hanno un debole per l’interior.

Per L’Espresso, gli interni di Alice sono “nuovi e rilucenti”, modello Eataly Roma, supponiamo, o per abbondanza di acciaio. Per quelli della Michelin, invece, il Cambio è “ancora più incantevole dopo il recente restyling”. Ok, avranno il rendering del progetto che supponiamo faccia leva sulle boiserie. Di rendering non si dovrebbe trattare se l’ispettore è riuscito a scrivere che “quei piatti che ancor meglio riescono a raccontare con quanta cura e passione lo chef si dedichi alla sua arte”. 

Lo chef è Matteo Baronetto che, come sappiamo, ha lasciato il ristorante di Carlo Cracco (o meglio lo lascerà il 15 dicembre) per approdare al Cambio. Che non è aperto, ma è in fase di ristrutturazione (mi lancio, avanzata).

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E dire che avevamo sospettato qualcosa quando sul materiale riservato alla stampa è apparso il riassunto delle stelle (tutti i ristoranti suddivisi per regione li trovate qui). Carlo Cracco declassato a una stella. Un errore di battitura, chiaro, ma i 5 minuti di panico per aver saltato qualche passaggio della conferenza o la possibilità che avessero dimenticato di segnalare la retrocessione ci sono stati ( e dire che i rumors si erano appuntati a Milano proprio su questa riduzione a 1 stella dello chef televisivo a supposta conferma del poco entusiasmo della guida per la televisione)

Poi, tutto è rientrato nella normalità con la Rossa in mano uso mantra per scegliere due ristoranti da visitare e confermare che a loro la promozione non spettava (o la perdita delle stelle non toccava, fate voi).

Mentre correrete in libreria a comprare la vostra copia disponibile (che alla presentazione era disponibile solo al temporary shop) in modo da metterla sul comodino, modello vangelo appunto, potete dare una sbirciata alla pagina incriminata della guida. E a quella del comunicato destinato alla stampa.

Mi sorge solo un dubbio: ma se l’anonimato è un mantra, l’esistenza terrena della tavola sarà un altro dei capisaldi non dichiarati delle guide che hanno imparato a correre più veloci degli stessi chef?

 



Mangia e stai zitto. I brutti in fondo al ristorante per migliorare l’immagine del locale

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Ristorante Georges

Ristorante Georges

I belli davanti, i brutti indietro. Questo sarebbe  l’ordine impartito alla sala del Georges, il raffinato ristorante al sesto piano del Centre Pompidou a Parigi. Il locale è un grande acquario trasparente sul museo di arte contemporanea disegnato da Piano&Rogers ed è in continuità con le aree espositive del complesso. Secondo due ex cameriere del ristorante, intervistate dal settimanale satirico Canard Enchaîné, le persone non belle sono spedite sistematicamente agli angoli della sala, dove sono poco visibili.

In caso di cattiva applicazione della regola No ai brutti in vetrina, la cameriera trasformata in fisionomista, rischia di farsi richiamare aspramente all’ordine con il pretesto che sbagliare è negativo per l’immagine del locale.

A volte è proprio il patron del ristorante, Gilbert Costes, a ricordare la consegna della bellezza e dei posti da assegnare: “Ci ripete continuamente i principi della casa, di cui è molto fiero visto che è lui che li ha inventati”, accusa la giovane cameriera intervistata dal settimanale satirico.

Un sistema di “selezione” e di smistamento che conosce le sue eccezioni: mettere in prima fila una persona trascurata e quindi alla vista di tutti i visitatori del museo che transitano davanti alle pareti vetrate del ristorante è possibile solo se si tratta di una celebrità. In questo caso, “questa discriminazione” non è applicata, assicura le Canard Enchaîné.

E un responsabile del ristorante Georges, interrogato dal Canard Enchaîné non ha smentito le dichiarazioni delle cameriere precisando:”È complicato rispondervi”. Contattato da Le Parisien, la direzione del gruppo Costes ha opposto un così dicono tutti: “È una critica ricorrente che non riflette la politica di Costes e non serve a niente dare risalto a queste dichiarazioni”, assicurano dall’ufficio comunicazione.

Intanto nei commenti dell’articolo di Le Parisien c’è qualche ex cameriere che conferma questa politica anche in altri locali della famiglia di ristoratori e chi specifica che la capacità tutta francese di riconoscere la bellezza è diversa: un’anziana signora ingioiellata e ben vestita in Dior finirà in vetrina, mentre un giovane attraente ma con i jeans sarà retrocesso. E chi ricorda come la politica di immagine di tutti i ristoranti eleganti di Parigi sia questa.

Ecco, ora vi spiegherete perché siete sempre in vetrina o perché finite sistematicamente vicino al bagno nei ristoranti più eleganti.

Per accertare che sia vero oppure no questa leggenda metropolitana, saremo anche disposti a registrare le vostre testimonianze anche in forma di foto per vedere i brutti, sporchi e cattivi nella vetrina del Georges al Georges Pompidou. O in qualsiasi altro ristorante chic di Parigi.

[Le Parisien. Immagine: Matthieu De Martignac]



A qualcuno piace Cracco, il libro di cucina regionale più figo con la Torta delle quattro città

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Carlo Cracco agnolotti

Sono finito nel trip dei nomi. E ora anche dei titoli. Dopo Tartufotto e Polpa Burger, ha avuto tutta la mia attenzione Isa e Vane e ora è la volta di Carlo Cracco. A qualcuno piace Cracco è il titolo del suo ultimo libro e a me piace. Come già Se vuoi fare il figo, usa lo scalogno – il titolo è davvero riuscito, col suo giochino che te lo fa suonare familiare. “La cucina regionale come piace a me” è il sottotitolo che spiega subito di cosa si tratta: un viaggio personale nella cucina italiana, spiegata, raccontata, annotata e leggermente interpretata.

libro cucina a qualcuno piace cracco

Sul “leggermente” è ammesso un vago scetticismo. Io non riuscirei mai a ritenere un’aggiunta di foie gras alle orecchiette con cima di rapa un concetto leggero. Difatti i foodblogger pugliesi presenti (che – non lo sanno ancora – mi inviteranno ai loro esperimenti cracchiani) hanno avuto da ridire. Io ho dato una rapida scorsa al volume che domani sarà in libreria e tutte le interpretazioni non prescindono dalla ricetta originaria.

Le ricette sono spiegate e contestualizzate molto bene. Cracco spiega sia come pulire i ricci di mare (con le forbicine da bonsai togliere la calotta…) sia la differenza tra animelle di cuore, più pregiate, e di gola, racconta le origini della finanziera, suggerisce varianti e aggiunte. Apporta il suo tocco personale (a me piace, io preferisco, secondo me…) in una materia di peraltro impossibile codificazione quale la cucina regionale che, avverte nella prefazione, probabilmente non esiste. È piuttosto una cucina di territorio, di località, di paese, addirittura di condominio.

ricetta torta 4 città di carlo cracco

Anche di città come ci ricorda la Torta delle quattro città. Sono appunto quattro le città a contendersene la paternità: Verona, Vicenza, Mantova e Modena. Ma anche mia nonna, nel piacentino-parmense, mi faceva una torta abbastanza simile, ricoperta di una pasta tipo tagliolini sottilissimi, croccanti, che ricordo ancora dopo tanti anni. Ricetta interessante, raccontata a Cracco da Iginio Massari, maestro della pasticceria. Solo raccontata e Cracco col suo pasticciere Luca si sono messi lì a reinventarsela, ottenendo risultati scarsi, grumi di tagliatelle appiattiti sulla torta fino ad arrivare al risultato pubblicato a p. 108. Bello a vedersi, anzitutto, ma visto che ha suscitato molto interesse fra le (e i 4) foodblogger presenti, mi aspetto si saranno già dedicate a sperimentarne la preparazione – e io sono qui ad assicurare la mia partecipazione alle degustazioni che seguiranno (e vi metto la ricetta  - che ingrandite con un click – così la copiate subito).

La prima cosa che ognuno di noi ha fatto, prendendo in mano il libro, è stata andare a cercare la propria regione per vedere quale ricetta era riportata. Per ogni regione ci sono da 2 a 4 ricette. Fa eccezione l’Emilia-Romagna, regione “doppia” con 5. E mi sembra di poter dire che le scelte sono state oculate: in 62 ricette c’è un po’ di quello che bene o male ci deve essere – l’ossobuco lombardo – io sono lombardo, i passatelli emiliani – io sono emiliano, il pesto ligure (Roberto Panizza, uno che ha voce in capitolo, lo ha letto e approvato). La cassata siciliana, ma c’è anche qualcosa di magari insolito e poco conosciuto – per dire, la cucina molisana, poco frequentata, o la ricetta del Timballo del Gattopardo, celebrata nel film di Visconti e recuperata da Cracco da una versione del 1840.

Carlo Cracco agnolotti

Insomma un bel libro cui è seguita una degustazione di squisito prosciutto e di spuma di cavolfiore con ovetto di quaglia che era una cosa meravigliosa. E ti fa venire la voglia di andare a cena da Cracco per vedere quanto della cucina regionale che piace a Cracco c’è nei piatti del ristorante di Carlo Cracco.

Carlo Cracco. A qualcuno piace Cracco – La cucina regionale come piace a me. Rizzoli. pp. 264, 16,90€



Milano. Street Food on the Road, il cibo da strada è ai Navigli

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pane ca' meusa

pane ca' meusa

Se vi piace il cibo da strada mettete in agenda l’appuntamento Street Food on the Road, un progetto itinerante che coinvolge il cibo di strada. Domani, 14 novembre, all’ex Fornace all’Alzaia Naviglio Pavese, 16 a Milano, il comico Claudio Batta sarà di scena con il suo spettacolo Agrodolce che parla di alimentazione ironizzando sulle abitudini degli italiani a tavola. E si continuerà fino a sabato 16.

Oltre agli spettacoli, c’è lo spazio ristorazione con tre tipologie di cibo: fritti, griglia, panini.

L’ingresso è libero e il carnet di degustazione costa 8,50 € e dà diritto alla scelta di un fritto tra polpette, pane e panelle, pizza fritta, mozzarella in carrozza, o di una griglia tra bombette di Alberobello (fettine di capocollo, pancetta, caciocavallo e prezzemolo), gnumareddi (involtini di interiora), fegatelli in rete o di un panino tra lampredotto, pani ca’ meusa, hot dog dell’Alto Adige. E si beve Peel Pie Naranja Beer (a 3,50 €), birra cruda doppio malto non pastorizzata.

Sergio Battimiello

Il format di Street Food on the Road ha portato sul palco nei giorni scorsi Filippo De Filippi dell’Accademia di Brera e Luca Iaccarino autore di Cibo di strada (e curatore delle guide “Cento di…”). Sergio Battimiello, direttore dell’agenzia Xcomm che ha organizzato l’evento, spiega che il progetto vuole portare il cibo da strada a Expo 2015 esaltando la commistione tra generi culturali, cinema (è stata lanciata la web serie Good for Food) e design.

Giuseppe Zen hot dog Moira Navoni mozzarella in carrozza polpette quinto quarto gnumareddi

Per il momento ha reso possibile ai milanesi di assaggiare le proposte di cibo da strada di Mangiari di Strada in centro (la sede è alla fine di via Lorenteggio) e di tenerlo aperto di sera. Giuseppe Zen e Moira Navoni, infatti, hanno scelto la formula pranzo: sono aperti solo dalle 12 alle 15 dal lunedì al sabato.



Foodies 2014. Tra le 48 stelline del Gambero Rosso ci sono Berton, Romito e Vitale

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The-Fooders-wine-for-life-2012

foodies 2014

Foodies 2014, sottotitolo la nuova guida dei foodies ovvero i buongustai del 3.0. Sottinteso, il web. Siamo abituati ai prodotti sfornati dal Gambero Rosso a ritmo invidiabile con una media di 1,5 guide al mese dal colpo dello start che avviene prima dell’estate con la Guida dei Ristoranti di Roma, continua con le Pizzerie d’Italia e i ristoranti di Milano per passare ai Bar, ai Vini e ovviamente ai Ristoranti d’Italia. Tutte che mettono in fila chef, ristoranti, locali e vini con punteggi e simboli su cui dominano incontrastati le Tre Forchette e i Tre Bicchieri.

La guida Foodies, invece, giunge al quarto anno senza mettere voti e, vorrebbe, anche proporsi come guida senza classifiche per definire il nuovo foodie del terzo millennio che si è evoluto da semplice appassionato di cibo e vino a rappresentante di uno stile di vita disposto a spendere nel buon cibo e nel buon vino. E che va assecondato nella ricerca di giacimenti parlando la stessa lingua (che speriamo non sia quella dell’indimenticabile spot dei vendicatori armati di telefonino). Quindi, raccogliendo le opinioni non solo dei professionisti della critica ma anche dei frequentatori della rete.

Ogni regione è introdotta da un testimonial d’eccezione (un giornalista, un attore, un regista, un imprenditore, uno sportivo) che svela i suoi luoghi del gusto. Si sono divertiti a raccontare  il loro amore per la cucina e a svelare i loro luoghi foodies: Arianna Follis, Piero Chiambretti, Roberto Perrone, Alfonso Signorini, Tania Cagnotto, Mara navarria, Francesca Cavallin, Pupi Avati, Giorgio Panariello, Cesare Bocci, Federica De Sanctis, Pino Quartullo, Bruno Vespa, Alessio Di Majo Norante, Lina Sastri, Mango, Emilio Solfrizzi, Marina Valensise, Paolo Briguglia, Cristiana Collu.

Un mélange che però genera non una classifica dei 1200 indirizzi raccontati e recensiti, ma ben due, Professionisti e Amatori, per giunta suddivisa in Mangiare e Comprare.

premi foodies 2014

La Foodies indica in apertura i premi assegnati dalla giuria di esperti (Gioacchino Bonsignore, Eleonora Cozzella, Luigi Cremona, Giacomo A. Dente, Fiammetta Fadda, Bruno Gambacorta, Licia Granello, Cristina Latessa, Antonio Paolini, Anna Scafuri, Luca Zanini) e  i locali contraddistinti da una stella e che incarnano, quindi, lo stile foodies. Sono 48 indirizzi in evidenza rispetto agli altri. Una quasi Top 50, insomma, in cui spiccano Dry di e con Andrea Berton (e soci) e Spazio, il ristorante scuola del nuovo tre stelle Michelin Niko Romito. L’Abruzzo piazza, nella classifica Esperti, anche un indirizzo in provincia di Teramo, la Salumeria del Parco.

Roma fa incetta di ristoranti con tre indirizzi: Dispensa, Stazione di Posta e Mazzo, mentre resta a secco di luoghi in cui comprare. Ma nella lista “amatoriale” che premia anche una stella Michelin, Marianna Vitale con il suo Sud.

Il maggior numero di locali secondo la guida Foodies 2014 si concentra nel centro Italia.

  1. Lazio (102 locali selezionati)
  2. Toscana (77 locali)
  3. Lombardia (72 locali)

Ed ecco la lista dei 48 che, ovviamente, potrete integrare. È una 3.0, non dimenticatelo.

Premio Foodies 2014 (Esperti)

Spazio-Rivisondoli-laboratorio-Niko-RomitoDry Pizzeria Milano 01

Categoria “Mangiare”

Insegna Tipologia Località Regione
1 La Gastronavicella Trattoria Zappatori ristorante Pinerolo (TO) Piemonte
2 Dry Cocktail & Pizza pizzeria Milano Lombardia
3 In Fabbrica ristorante Firenze Toscana
4 Spazio ristorante Rivisondoli (AQ) Abruzzo

salame rosa pasquini e brusiani

Categoria “Comprare”

Insegna Tipologia Località Regione
1 Pasquini e Brusiani carni&salumi Bologna Emilia Romagna
2 Agrietruria gastronomia Orbetello (GR) Toscana
3 La Salumeria del Parco gastronomia Montorio Al Vomano (TE) Abruzzo
4 Casa del Formaggio gastronomia Ragusa Sicilia

 Stelle Foodies 2014 (Amatori)

The-Fooders-wine-for-life-2012

Categoria “Mangiare”

Insegna Tipologia Località Regione
1 Fermento Birreria Brescia Lombardia
2 Al Timon Osteria Venezia Veneto
3 Pullmanbar Pausa gourmet Vicenza Veneto
4 La Veranda di Locanda Margon Ristorante Trento Trentino
5 Agritur Weiss Agriturismo Vigo di Fassa (TR) Trentino
6 Genuino Bistrot Trieste Friuli Venezia Giulia
7 Marè Ristorante Cesenatico (FC) Emilia Romagna
8 Le Tre Lune Ristorante Calenzano FI Toscana
9 La Tavola del Carmine Ristorante Ancona Marche
10 Mamma Rosa Pizzeria Ortezzano (FM) Marche
11 Vivace Pausa gourmet Perugia Umbria
12 La Dispensa Pausa gourmet Roma Lazio
13 La Stazione di Posta Ristorante Roma Lazio
14 Mazzo Ristorante Roma Lazio
15 Sud Ristorante Quarto (NA) Campania
16 Osteria Porta del Vaglio Ristorante Saracena (CS) Calabria
17 Caravanserraglio Ristorante Ragusa Sicilia
18 Antica Dimora del Gruccione Ristorante  Santu Lussurgiu (OR) Sardegna

Fattoria Rosabella

Categoria “Comprare”

Insegna Tipologia Località Regione
1 Macelleria Mosca gastronomia Biella Piemonte
2 Dai Muagetti caffè&bar Camogli (GE) Liguria
3 Panificio Longoni panetteria Milano Lombardia
4 Ma! Officina Gastronomica carni&salumi Madesimo (SO) Lombardia
5 Bontadi tè&torrefazioni Rovereto (TN) Trentino
6 Dalla Jole caffè&bar Rimini Emilia Romagna
7 Lorenzo Nigro – Trippa e Lampredotto caffè&bar  Firenze Toscana
8 180° pasticceria Fermo Marche
9 Fontemanna formaggi Panicale (PG) Umbria
10 Bar Osteria da Mario osteria bar Gualdo Tadino (PG) Umbria
11 20 mq Caffè caffè&bar Roma Lazio
12 Le Cose Buone pasticceria Viterbo Lazio
13 Dolce & Co bar ristorante Mosciano Sant’Angelo (TE)  Abruzzo
14 Fattoria di Vaira azienda agricola Petacciato (CB) Molise
15 Sciardac gastronomia Bacoli (NA) Campania
16 Show Room Amarelli dolci Napoli Campania
17 Poggio del Picchio azienda agricola Aiello Del Sabato (AV) Campania
18 Fattoria Rosabella azienda agricola Montella (AV) Campania
19 Timpa dei Lupi azienda agricola Corigliano Calabro (CS) Calabria
20 Agririggio azienda agricola Motta San Giovanni (RC) Calabria
21 Al Gelatone gelateria Palermo Sicilia
22 I Cherchi formaggi Selargius (CA) Sardegna

[Immagini: il Cucchiaio d'Argento, Fattoria Rosabella]



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